CHE BELLA SORPRESA A GENZANO NELLA CALZA DELLA BEFANA!

 

 

Quest'anno (2021), nella calza portata a Genzano di Lucania, la befana ha infilato una sorpresa sensazionale: i rifiuti radioattivi!

Nel 2003 la mobilitazione di tanti fieri lucani riuscì a sventare il colpo di mano tentato dal Governo Berlusconi con il decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, che prevedeva la costruzione di un deposito unico nazionale delle scorie radioattive nel territorio di Scanzano Jonico.

Quel pericolo, tuttavia, non è stato scongiurato definitivamente.

"Occorre rimanere attenti, vigili, in un perenne stato di allerta, pronti a scendere in campo, decisi, determinati, compatti, per impedire che la nostra Lucania sia irrimediabilmente e per sempre profanata", scrivevo da Varese in https://www.carcuro.com/scanzano_ionico.htm.

Il mio sito web era il tredicesimo dei 386 che presero a cuore la causa di Scanzano Jonico, come documentato in http://www.noalnucleare.com/noalnucleare.php?ap=13, creato ad hoc per combattere il nucleare in Basilicata.

Ma quest'ultimo sito (ci ho cliccato or ora), non esiste più e forse anche le gente lucana, alle prese col coronavirus, e senza nessuno più che assomigli minimamente al glorioso Giovanni Passannante, probabilmente non avrà la forza ed il coraggio di mettersi a protestare come allora, finendo col subire pronamente, questa volta, la localizzazione della discarica, che può avvenire, nientedimeno, nel territorio compreso fra i comuni di Genzano di Lucania, Acerenza ed Oppido Lucano... però, a ben considerare, in quanto facenti essi parte del distretto turistico "Terre di Aristeo", potranno disporre ora di una  "attrazione" in più per i turisti.

Stamattina, rileggendo la storia riguardante la mancata realizzazione della discarica unica nazionale a Scanzano Jonico, ho scovato un disegno di legge relativo all'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta, fatta per capire come fossero andate le cose.

In tale documento si legge che, chi stava ai vertici delle istituzioni lucane ed avrebbe dovuto difendere gli interessi della loro popolazione, sotto sotto, pur militando in partiti contrapposti rispetto a quelli al governo nazionale, era accondiscendente alla scelta scriteriata fatta da questo,

Per esperienza diretta, avuta come segretario comunale, i migliori favori si fanno e ricevono proprio dagli oppositori politici, che, all'apparenza fanno vedere di combattersi, segretamente, invece, se la intendono, con reciproco scambio di cortesie.

Io, per esempio, ero antipatico ad un candidato sindaco non risultato eletto.

Nessun problema, quello eletto gli fa il piacere di cacciarmi via, in modo che così s'è guadagnato la benemerenza nei suoi confronti e non ha avuto rotto le scatole in seguito.

In un altro comune, cosa inaudita fino a quel momento, il sindaco s'inventa di nominare assessore un consigliere di minoranza, così possono fare a tarallucci e vino insieme, venendo meno per la popolazione la garanzia del controllo da parte dei consiglieri di opposizione.

I miei capostipiti paterni e materni, Carcuro e Teto, dalla Grecia vennero a Genzano di Lucania, attratti probabilmente dalla fertilità della terra e dall'abbondanza delle acque resorgive, dedicandosi per secoli all'allevamento di pecore, capre, maiali, galline, alla coltivazione di frumento, vigneti, oliveti, orti: mio nonno materno Antonio Teto, fino agli inizi degli anni sessanta, allevava mandrie di maiali, che veniva a vendere anche alla fiera di Banzi, denominato perciò il porcaro di Genzano di Lucania, l'ultimo a farlo in quel paese.

Gli impianti di estrazione del petrolio stanno avvelenando le falde acquifere in Val d'Agri, le scorie radioattive inquineranno l'ambiente in Alto Bradano.

Come si comporteranno ora i soggetti che rappresentano le istituzioni lucane?

Vorrei sperare in modo diverso rispetto al 2003, allorché le ambigue condotte tenute fecero avvertire addirittura la necessità di istituire una commissione parlamentare d'inchiesta, come si evince dalla premessa del disegno di legge n. 1415, riportato di seguito.

Pur non avendo da spartire più niente con la Lucania, da Varese ne sono molto preoccupato.


Legislatura 15ª - Disegno di legge N. 1415
SENATO DELLA REPUBBLICA
---- XV LEGISLATURA ----

N. 1415

DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori ADDUCE, PIGLIONICA, DI SIENA, PALERMO, CARLONI, BOCCIA Antonio, CASSON, PISA, RANDAZZO, BENVENUTO, PEGORER e RIPAMONTI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 20 MARZO 2007
----
Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle procedure e sui criteri di individuazione del sito di Scanzano Jonico per il deposito delle scorie radioattive
----
Onorevoli Senatori. - Il decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, prima della conversione con legge 24 dicembre 2003, n. 368, individuava nel territorio del Comune di Scanzano Jonico (MT), in una miniera di salgemma situata nella piana metapontina del Golfo di Taranto a poche centinaia di metri dal mare, il sito geologico nel quale localizzare il deposito unico nazionale delle scorie nucleari radioattive.
A seguito della protesta delle popolazioni locali e dell'articolato lavoro della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati, il Governo, con proprio emendamento, in data 27 novembre 2003, decise di modificare il decreto legge sopprimendo la norma che prevedeva l'ubicazione del suddetto deposito a Scanzano Jonico, non prevedendo alcun sito alternativo allo stesso.
Il provvedimento fu adottato in aperta violazione del principio costituzionale di leale collaborazione tra amministrazione centrale e amministrazioni locali, nonché, nello specifico, in violazione dei contenuti e delle procedure di consultazione e di informazione previste dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3267 del 7 marzo 2003 - relativa alla gestione dei rifiuti radioattivi - posto che né le istituzioni locali, né la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano furono chiamate preventivamente a pronunciarsi sulla scelta del sito; né tale carenza fu colmata dalle affermazioni di alcuni Ministri, secondo cui taluni non meglio identificati amministratori locali sarebbero stati preventivamente coinvolti.
Non va sottaciuto, inoltre, che la decisione presa allora dal Governo contraddiceva quanto previsto dal cosiddetto "disegno di legge Marzano" sul riordino del settore energetico (A.S. 2421), divenuto poi legge 23 agosto 2004, n. 239. In particolare, la decisione era in contrasto con l'articolo 30, comma 3, lettera d), del citato disegno di legge, laddove si prevedeva che la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi dovesse essere "effettuata dal Ministro delle attività produttive, d'intesa con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e della salute", e con la Regione interessata, sentiti gli enti locali coinvolti, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima.
Ma l'elenco delle colpevoli omissioni e incongruenze non finisce qui. Non furono tenute in alcun conto le conclusioni cui era giunto dopo anni di ricerche ed approfondimenti il "Gruppo di lavoro sulle condizioni per la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi" nominato sulla base dell'accordo sottoscritto da Governo, regioni e province autonome il 4 novembre 1999 per svolgere l'attività d'istruttoria sulla gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Allo stesso modo, non furono prese in considerazione le proposte riguardanti le iniziative di informazione, gli strumenti di confronto e di coinvolgimento delle popolazioni e degli enti locali, né furono adottate procedure per la scelta del sito dove realizzare il deposito con le quali evidenziare gli strumenti di raccordo, collaborazione e coordinamento tra i diversi livelli di governo e di amministrazione.
Né furono considerate le valutazioni della delegazione italiana presso il Gruppo "Questioni atomiche" della Unione europea, del 2003, che escludevano la scelta di un sito unico per il deposito delle scorie radioattive e la localizzazione di tale sito in un territorio come quello di Scanzano Jonico.
Quella improvvida scelta del Governo, peraltro, operata attraverso lo strumento del decreto legge, provocò grande disorientamento e notevole imbarazzo presso i rappresentanti italiani in quel consesso.
D'altra parte, il Governo non tenne neppure conto delle conclusioni dello stesso gruppo di lavoro della Società gestione impianti nucleari (SOGIN Spa) che, nel giugno del 2003, indicava tra i siti da escludere quelli soggetti al rischio di inondazione, ovvero il sito di Scanzano Jonico che si trova a poche centinaia di metri dal mare Ionio. L'inadeguatezza del suddetto sito trova fondamento, inoltre, nei gravi rischi di alluvioni, di inondazioni e di erosione della costa metapontina, che provoca un arretramento della linea valutata nell'ordine di 2,5 metri all'anno, così come è stato dimostrato anche dagli studi effettuati dall'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (IRPI) del Consiglio nazionale delle ricerche, condotti con il finanziamento dell'Unione europea proprio sull'area della Piana di Metaponto.
Va ricordato che la decisione del Governo risultò in contrasto con le conclusioni dell'indagine condotta dalla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati, nelle quali si escludeva in modo netto l'ubicazione del sito unico nazionale delle scorie radioattive nelle regioni nelle quali vi erano preesistenze nucleari, come in Basilicata dove è ubicato l'impianto ITREC Centro Enea di Trisaia di Rotondella (MT).
Non è, infine, privo di rilevanza il fatto che il Governo procedette senza il parere della Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che della decisione di ubicare il sito nucleare a Scanzano Jonico non fu nemmeno informata.
Nella seduta di giovedì 27 novembre 2003, il Consiglio dei ministri approvò alcuni emendamenti al citato decreto legge n. 314 del 2003 al fine, soprattutto, di espungere dal predetto provvedimento l'indicazione di Scanzano Jonico quale sito unico nazionale destinato ad ospitare tutti i rifiuti radioattivi esistenti nel nostro Paese. Ebbene, fonti di stampa riferirono che, al termine del predetto Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio avrebbe dichiarato: "Scanzano era stato scelto con il consenso degli amministratori locali, che poi hanno fatto i furbi" ("La Repubblica" del 28 novembre 2003).
La questione assunse subito colorazioni alquanto ambigue e torbide. In merito alle voci sulle relazioni tra ambienti governativi e poteri locali, il settimanale "Panorama" del 21 novembre 2003, in un articolo riguardante la scelta di Scanzano Jonico dal titolo "Le mediazioni di Carlo Jean, il sì del Sindaco a Berlusconi, poi, inatteso il voltafaccia del primo cittadino. Segreti e retroscena sull'affaire delle scorie nucleari in Basilicata" riferisce di una telefonata tra il sindaco di Scanzano Jonico e il Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, nel corso della quale l'Altieri avrebbe testualmente detto: "Presidente, stia tranquillo, faremo una discarica di eccellenza", circostanza quest'ultima smentita da un comunicato stampa di Palazzo Chigi.
Il "The Guardian - Review", poi, in un articolo del 22 novembre 2003 riferiva che: "il sindaco di Scanzano Ionico, Mario Altieri esprime una serie di pensieri contraddittori. Dapprima dichiara che il sito è una condanna a morte per la città di 7.000 persone, in seguito dichiara che i suoi cittadini non sanno quanto ciò sia buono perché lo Stato pagherà 25.000 euro di affitto annuale per l'area sotterranea. Il sindaco poi prosegue sostenendo: "Ma non posso dirlo alla gente, perché mi mangerebbero".
Inoltre, per completare il contesto e lo sfondo dell'affaire, nel corso dell'audizione del 3 dicembre 2003 davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, il generale Jean, presidente della SOGIN Spa sostenne che alla decisione di individuare Scanzano Jonico come sito per l'ubicazione del deposito nazionale delle scorie nucleari e radioattive si era giunti dopo alcuni colloqui avuti con il Ministro dell'ambiente On. Matteoli e che si potevano utilizzare studi risalenti ad alcuni decenni precedenti effettuati da società dell'Ente nazionale idrocarburi (ENI) in Basilicata e segnatamente nelle miniere di salgemma di Scanzano Jonico, senza peraltro ravvisare la necessità di effettuare alcuno studio ed approfondimento.
Allo studio della SOGIN Spa, consegnato in data 25 novembre 2003 alla Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati, dal generale Jean solo in apertura dell'audizione prevista sui contenuti del decreto-legge n. 314 del 2003, sono allegate alcune lettere di esperti presentati come collaboratori alla elaborazione dello studio. Abbiamo riunito degli esperti - dichiara il Presidente della SOGIN spa - elencati nella penultima tabella del fascicolo, che hanno collaborato con noi e che hanno fatto una validazione dello studio presentato dal Governo. Si tratta del prof. Colombo, sismologo dell'Università di Genova, del professor Finetti, geologo del sale, del professor Scandone, geologo della zona, del professor Renato Ricci, presidente onorario della Società italiana di fisica, che aveva anche l'esperienza di Commissario dell'APAT, quando si chiamava ANPA; del professor Umbertini, per le catastrofi idrogeologiche, tutte datate posteriormente alla data di emanazione del decreto legge e che si esprimono in modo generico sullo studio effettuato, dando conto di non conoscere, in alcuni casi, neppure i luoghi di cui si tratta. In particolare due di queste lettere sono fotocopie identiche firmate da due esperti diversi.
Tutta questa vicenda, che gira intorno alle scorie nucleari, sin dall'inizio ha assunto contorni oscuri e preoccupanti. Prova ne sia l'attività svolta, nella scorsa legislatura, dal Ministero dell'ambiente e da alcuni suoi altissimi esponenti, che ricoprivano incarichi anche nella SOGIN Spa. La sensazione che si ricava da questo intreccio tra controllori e controllati è che nella gestione del business, fu concessa alla SOGIN Spa carta bianca e, quindi, ampia discrezionalità nelle scelte.
Un evidente e scandaloso conflitto di interessi riguardava il Professor Paolo Togni, Vicepresidente della SOGIN Spa, all'epoca dei fatti di Scanzano Jonico e contemporaneamente capo di gabinetto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
Questo conflitto di interessi emergeva in modo plateale - solo il Governo non se ne accorse! - perché il professor Togni, nella sua veste di Vicepresidente della SOGIN Spa, era sottoposto alla vigilanza dell'APAT, Azienda che a sua volta era sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'ambiente. E ancora lo stesso professor Togni, poco prima della nomina ministeriale, risultava essere presidente della filiale italiana della Waste Management, uno dei tre colossi mondiali nel settore dello smaltimento dei rifiuti e della produzione di energia.
Il professor Paolo Togni, nella sua veste di capo di gabinetto del Ministro Matteoli, appena assunse la sua carica ordinò il cambio di 23 dei 40 membri del VIA (la Commissione di valutazione di impatto ambientale) e il tribunale amministrativo regionale (TAR) sentenziò nel 2003 che quelle sostituzioni furono illegittime, intimando il reintegro degli espulsi.
Sempre il professor Paolo Togni fu il promotore di un decreto ministeriale nel quale si prevedeva "un affievolimento, anziché un irrigidimento delle sanzioni per i soggetti che inquinano", annullato nel marzo 2003 con una sentenza della Corte dei Conti.
Il Ragioniere generale dello Stato, infine, si è interessato alle attività del professor Paolo Togni per mancata attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 2001, n. 178, relativo alla nomina dei dirigenti, per effetto della quale vi fu il blocco di tutte le attività dei direttori generali, con la motivazione che la legge delega sull'ambiente, che fu poi approvata dal Parlamento, avrebbe cambiato tutte le competenze loro attribuite.
Tutti questi riferimenti al professor Paolo Togni sono puntualmente riscontrabili in un servizio giornalistico del 13 giugno 2003, comparso sul quotidiano "Liberazione" a firma di Sabrina Deligia.
Con il passare del tempo, la vicenda di Scanzano Jonico si è arricchita di ulteriori elementi che rafforzano l'esigenza di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta.
Il 18 febbraio del 2006, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, On. Giovanardi affermò sul "Quotidiano di Basilicata" che i vertici della Regione, della provincia di Matera e del comune di Scanzano Jonico erano stati informati nel 2003 della decisione del Governo di realizzare nel comune lucano la discarica nazionale delle scorie radioattive e che queste autorità avevano approvato il progetto.
A seguito di tale dichiarazione, l'attuale Sottosegretario Filippo Bubbico, allora presidente della regione Basilicata, querelò il ministro Giovanardi. "Dopo aver cercato senza successo di portare le scorie nucleari a Scanzano - spiegò Bubbico - il ministro Giovanardi cerca di portare in Basilicata altre scorie, con affermazioni false e calunniose di cui dovrà rispondere in tribunale".
Infatti, nella stessa intervista del 18 febbraio, Giovanardi riferì che i nomi degli amministratori pubblici lucani che avrebbero dato il via alla discarica erano riportati nel verbale del Consiglio dei ministri. Dopo che il progetto fu reso noto nel novembre 2003 e di fronte alle proteste popolari, gli amministratori locali ripiegarono in ritirata, sostenendo di non aver mai saputo niente della discarica e di essere contrari alla sua realizzazione.
Questi ulteriori elementi costrinsero ancora una volta il Presidente della regione Basilicata Filippo Bubbico a ribadire che non esistevano né atti né assensi formali o informali della regione Basilicata o di altre regioni che autorizzavano l'allora governo di centrodestra ad emanare un decreto illegittimo nel metodo e nel merito come quello sulla discarica nucleare di Scanzano.
In una dichiarazione all'Ansa del 25 maggio 2006, sempre il ministro Giovanardi, riferendosi al Consiglio dei ministri del 13 novembre 2003, cita le parole dell'ex ministro per l'ambiente Altero Matteoli: una volta acquisito il consenso del Sindaco, sapevamo che non era sufficiente, perché ci sono anche la provincia e la regione. Allora abbiamo parlato con la provincia e anche questa si è trovata d'accordo nell'accogliere il sito; poi con la regione, che è di colore politico diverso dal nostro. Comunque il Presidente della regione ha detto: "Non sono entusiasta, non dirò mai accogliamo il sito, ma non farò neppure le barricate; subirò le scelte del Governo senza fare troppe storie".
Il Ministro Giovanardi - prosegue l'Ansa - cita anche l'intervento del sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta: anche all'interno della regione prescelta, i sondaggi effettuati dicono che se è il Governo a imporre la scelta, loro la subiscono e finiranno per assecondarla; oppure la contrasteranno, ma senza eccedere, senza oltranzismi. Dicono così, soltanto perché non potranno farne a meno. La loro, per così dire, sarà solo una protesta di bandiera.
Infine, il Presidente della regione Basilicata Filippo Bubbico avrebbe affermato, sempre secondo Gianni Letta, che, se il Governo avesse fatto una scelta, lui l'avrebbe contrastata, ma non avrebbe mai cavalcato la protesta. Tutt'al più avrebbe chiesto misure di accompagnamento, cioè vantaggi di tipo economico che potessero in qualche modo risarcire la regione, soprattutto il territorio e il comune interessato, dal danno che potrebbe derivare da una simile scelta e da una eventuale imposizione di questa natura.
Sempre in tema di deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi, è opportuno richiamare le puntualizzazioni fornite dal Ministro dello sviluppo economico Bersani, nel corso della sua audizione di fronte alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, svoltasi il 1º marzo 2007. Il Ministro Bersani, a tal fine, afferma: tutti i paesi che hanno il nucleare - la Francia, la Spagna, la Svezia e la Germania - non hanno un sito geologico; in questo momento, al mondo non ce l'ha nessuno, neanche gli Stati Uniti, perché è un problema. Questi Paesi hanno dei siti di superficie a sicurezza totale, usati sia per i rifiuti a più alta intensità (si tratta in questo caso di depositi temporanei, che vanno dai 100 ai 150 anni, in attesa di trovare un sito geologico) sia per il trattamento di rifiuti a più bassa intensità. Poi le progettualità sono diverse, c'è chi li mette in parte sotto terra e in parte fuori, chi li mette tutti fuori ma sono posti normali.
Era stato avviato tra il 1995 e il 2001 - ha aggiunto ancora Bersani - un meccanismo partecipativo con le regioni per verificare questa opportunità, sempre secondo un principio di democrazia efficiente che consulta, candida, sente e poi decide solo dopo aver esaurito questa fase, altrimenti le decisioni non hanno legittimità.
In considerazione di tutto quanto esposto, con l'articolo 1 del disegno di legge, si ritiene opportuno istituire, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta al fine di indagare su tutta la vicenda e sulle motivazioni che hanno portato alla scelta di Scanzano Jonico, quale deposito nazionale per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio di scorie radioattive, ai sensi del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368.
Con l'articolo 2, si definisce la composizione e la durata della Commissione e con l'articolo 3 si fissano i poteri e i limiti della Commissione.
L'articolo 4 stabilisce gli obblighi al segreto dei commissari, del personale e di ogni altra persona addetta alla Commissione, mentre l'articolo 5 disciplina l'organizzazione dei lavori della Commissione.
L'articolo 6, infine, stabilisce l'entrata in vigore della legge.

DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.
(Istituzione e funzioni)

 

1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta, di seguito denominata "Commissione", al fine di indagare sulle procedure e sui criteri di individuazione del sito di Scanzano Jonico quale deposito nazionale per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio di scorie radioattive, ai sensi del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368.
2. La Commissione ha i seguenti compiti:
a) accertare l'esistenza e la natura degli studi commissionati dal Governo o dei quali lo stesso si è avvalso per giungere all'individuazione del sito di Scanzano Jonico quale deposito nazionale di rifiuti radioattivi, verificando in particolare se, quando e con quale atto il Governo ha commissionato tali studi e se, quando e con quale atto la Società gestione impianti nucleari (SOGIN Spa) ha trasmesso al Governo gli studi eventualmente commissionati;
b) valutare le motivazioni tecniche ed economiche della scelta di un sito unico geologico, in considerazione della riconosciuta scarsità delle scorie di III categoria;
c) accertare l'attendibilità delle informazioni fornite dalla SOGIN Spa attraverso lo "Studio per la localizzazione di un sito di deposito nazionale centralizzato dei rifiuti radioattivi" presentato alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati dal Commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari e Presidente della SOGIN Spa in occasione dell'audizione informale svolta in sede di Ufficio di Presidenza del 25 novembre 2003, verificando in particolare le informazioni che si riferiscono alle determinazioni da parte della comunità scientifica;
d) esaminare e valutare la congruità e l'efficacia delle procedure poste in essere e dei parametri assunti per la scelta del sito, anche alla luce dell'esperienza e dei risultati raggiunti in altri Paesi;
e) esaminare e valutare se le procedure utilizzate abbiano contemplato gli strumenti di consultazione e di raccordo idonei a favorire la collaborazione e l'azione coordinata tra i diversi livelli di Governo e di amministrazione;
f) verificare quali strumenti di informazione, confronto, coinvolgimento siano stati adottati nei riguardi delle popolazioni e degli enti locali interessati.



Art. 2.
(Composizione e durata)


1. La Commissione è composta da venti senatori e venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.
2. La Commissione, nella prima seduta, elegge il Presidente, due vicepresidenti e due segretari.
3. La Commissione conclude i propri lavori entro quattro mesi dalla data della sua costituzione e presenta al Parlamento, entro i successivi due mesi, la relazione finale sulle indagini da essa svolte.


Art. 3.
(Poteri e limiti)


1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
2. La Commissione ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto. In tale ultimo caso, la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza.
3. Per i fatti oggetto dell'inchiesta parlamentare, non è opponibile alla Commissione il segreto di Stato, né quello d'ufficio, professionale e bancario.
4. Per le testimonianze rese davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
5. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non debbano essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.


Art. 4.
(Obbligo del segreto)


1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa ed ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 2 e 5.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione dell'obbligo di cui al comma 1, nonché la diffusione in tutto o in parte di atti o documenti funzionali al procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.


Art. 5.
(Organizzazione dei lavori)


1. La Commissione, prima dell'inizio dei lavori, adotta il proprio regolamento interno a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
2. Le sedute sono pubbliche; tuttavia, la Commissione può deliberare, a maggioranza semplice, di riunirsi in seduta segreta.
3. La Commissione può avvalersi direttamente dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria.
4. Per l'espletamento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali, e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.
5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono ripartite in parti uguali tra la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica e sono poste a carico dei rispettivi bilanci interni.


Art. 6.
(Entrata in vigore)


1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

06 gennaio 2021

HOME PAGE