ERA DE MAGGIO

     

Sopra c'è il ciliegio fiorito, fotografato qualche minuto fa, nel giardino di casa mia, anzi di mia moglie, perché ne è lei l'esclusiva proprietaria, pur essendo stata comperata con i soldi guadagnati dal segretario comunale suo consorte.

Ha una bella chioma bianca ed ogni fiore che la compone si trasformerà a maggio in ciliegia. 

L'ho potato in modo tale da lasciare dei rami bassi, sì che le ciliege possano essere raccolte con le loro manine direttamente dai miei tre nipotini, Sophie, Antonio e Gabriel. 

Quelle in alto invece le raccoglierò io, se nel frattempo non sarò andato già al mare. 

In ogni caso, la maggior parte di esse saranno beccate dagli uccelli, con i quali le condivido volentieri, giacché essi rendono allegro ed armonioso il creato, sono forse le creature predilette da Dio, o chi per Lui, e sicuramente da me.

Quando pullulerà di gustose palline rosse, si creerà quell'atmosfera che nel 1885 ispirò Salvatore Di Giacomo a comporre la poesia "Era de maggio", musicata poi da Mario Pasquale Costa, e diventata una delle più belle canzoni napoletane, quella che Renzo Arbore dichiara essere la sua preferita.

Questa canzone è diventata quasi la colonna sonora delle mie recenti giornate di primavera: mia moglie non protesta più di tanto, anzi tollera benevolmente la mia voce che la canta, in casa, in giardino, nell'orto, ovunque mi muova, qualunque cosa stia facendo.

E' una canzone che, in realtà canta la voce della mia anima perché mi riporta al mese di maggio del 1968, in cui, pur senza avere a che fare con le ciliege, provai la grande emozione dell'amore.

Un giorno di quel mese, esattamente il cinque, ne scandì l'avvento.

Era una domenica e per tutto il giorno non ebbi modo di vedere colei che da un po' mi turbava l'animo quando la guardavo. In quel periodo la sua famiglia era funestata da un lutto: una disgrazia aveva colpito il fratello di sua madre in Svizzera, sicché facevano tutti vita abbastanza ritirata.

Ma alla sera, mentre passeggiavo col mio amico Gerardo, improvvisamente apparve con sua madre  e sua sorella. Nonostante i loro abiti non sgargianti per il lutto, fu per me comunque una visione radiosa dalla quale rimasi fulminato, rimanendo senza respiro e parola.

Il mio amico se ne accorse, concedendomi indulgentemente tutto il tempo per riprendermi.

Ma poi venne la notte, e le canzoni di Adamo "La notte", di Albano "Nel sole", di Luigi Tenco "Se stasera sono qui", sembravano composte proprio per me, per esprimere il mio tormento.

Trascorsala totalmente insonne, guai a me, mi dicevo imperiosamente, se domattina non le vado incontro a parlarle mentre si reca a prendere il pullman per andare a scuola (a Palazzo San Gervasio dove ci andavo anch'io).

E riuscii a compiere l'atto più coraggioso della mia vita.

Le andai incontro come apparve nei paraggi della villa, dicendole che avevo bisogno di parlarle.

Senza alcuna esitazione lei mi rispose che avremmo potuto farlo il venerdì successivo all'uscita da scuola, avendo un'ora a disposizione prima della partenza del pullman per il ritorno a casa.

Avuta quella risposta, che mi sembrava spalancare la porta della speranza, la felicità deflagrò immediatamente dentro me con una tale violenza che, per la prima volta, mi resi conto come fosse addirittura difficile sopportarla quando arriva improvvisa ed esagerata.

E poi venne il venerdì (da quella volta per me il giorno più fausto della settimana) ed accadde l'incredibile, anche nel senso che lei pensava che io avessi bisogno di parlarle semplicemente per affidarle un'ambasciata per qualche sua compagna di scuola, non immaginava minimamente che fosse invece proprio lei la causa diretta dello sconvolgimento della mia vita.

Cosa le abbia detto in quell'ora di passeggiata non serbo il ricordo di una parola.

E' intatto invece quello del suo continuo togliersi i capelli dalla faccia, del suo girarsi di scatto verso di me per incrociare il mio sguardo, della visione da vicino finalmente del suo volto, dei suoi occhi ... quanta emozione mi procura ancora solo ricordarlo!

"Era de maggio"!

"Il cinque maggio" (del 1821) di Manzoni, impallidisce rispetto al mio "cinque maggio" (del 1968)!

Se, quando arriverà che il tempo cessa di avere senso, o che almeno si abbia la facoltà di impostarlo come si crede, quanto vorrei che, terminata la vita alla stregua di una giornata, la mia sera potesse cominciare con la stessa visione avuta in quella di domenica cinque maggio 1968!

Amen!

 

 

31 marzo 2019  

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