"IL BELLO DELLE PAROLE"
antologia per scuole medie inferiori edita da Principato

     Il 1° marzo scorso avevo annunciato in questo sito la nascita di Letizia e Luisa: a distanza di una dozzina di giorni mi piace dare notizia di un altro lieto evento, anche se non riguarda una persona, bensì una cosa, tuttavia in un certo senso viva ed animata pur'essa, perché si tratta di un'antologia scolastica, dal titolo "IL BELLO DELLE PAROLE".
      Qualcuno potrebbe chiedersi che motivo abbia per compiacermi a dare siffatta notizia, cosa abbia a che fare con me quell'antologia, invece essa ha a che fare con me, perché, se le creature Letizia e Luisa mi appartengono per essere delle mie pronipoti, anche l'antologia mi appartiene, essendovi stato inserito in essa il mio racconto "Così arrivò la televisione".
     Ieri sera, dopo aver letto l'e-mail di Marina Tarallo, che mi ha comunicato l'uscita del libro - edito dalla Casa Editrice "Principato" e di cui lei è curatrice - sono andato a rileggermi il mio racconto, constatando che uno dei suoi protagonisti principali è Luigi Tafaro: non posso nascondere che, associando gli eventi delle nascite delle pronipoti e dell'antologia, ho provato una certa emozione nello scoprire che quel Luigi Tafaro costituisce uno dei fili conduttori comuni che li lega fra di loro, dal momento che il suo nome echeggia sia nel mio racconto, sia in quello di una delle due gemelle, Luisa Tafaro, di cui è il nonno del nonno.
     Desidero qua ricordare la bontà d'animo di questa persona, di cui un'espressione trapela già dal mio racconto anzidetto. Egli, peraltro, è stato anche il fautore del matrimonio fra i nonni paterni di Luisa e Letizia. Non so mia sorella Filomena da quale dei due Luigi, nipote o nonno, fosse stata "adocchiata", se sia stato quello Junior a confessare al nonno che le piaceva, od il Senior a farne notare l'avvenenza, c'è di fatto che un bel giorno quest'ultimo, sapendo della presenza di mio nonno Antonio in casa (era venuto da Genzano per la festa del Santo Patrono) vi fece irruzione dall'ingresso di dietro, ovverosia dalla via Cairoli, per portargli la bella ambasciata, convinto, evidentemente, che tra due galantuomini che si stimavano essa non potesse non andare a buon fine. E così fu, anche se mio zio accanto, fratello di mio padre, se ne adontò non poco, perché si sentì scavalcato, pretendendo dovesse essere lui a fare le veci di mio padre, assente perché emigrato in Germania (come il papà dell'aspirante): ma evidentemente nonno Luigi aveva feeling con il suo omologo Antonio, e non poteva mica mettere a rischio la nascita di tanti futuri pronipoti e nipoti  del nipote.
     E quello zio Luigi conquistò subito la simpatia e l'affetto, non esclusi quelli miei, anzi in modo particolare, che all'epoca avevo solo undici anni. Quante volte egli mi portava in campagna insieme a spigolare, a raccogliere lumachine, funghi, fichi, mele, pere, uva e quant'altro di buono. Prendeva una ciuca in prestito e, lui davanti, io dietro, ci spingevamo verso mete lontane. Un giorno, mentre di ritorno dalla vigna eravamo entrambi in groppa all'animale, gli cadde il bastone: glielo recuperai, ma giunti a casa si scoprì il motivo della caduta del bastone: era il sintomo di una lieve paralisi che lo aveva colpito.
     Quando vado al cimitero di Banzi, non posso fare a meno di andare a rivedere il suo volto che, pur dalla fotografia della lapide, promana ancora bontà.
     Allora, "il bello delle parole", che sia scritto in minuscolo, od in maiuscolo come il titolo dell'antologia, è che esse compiono la magia di ricordare, talvolta e per fortuna anche persone che si sono amate.


Reputo di riportare in calce a questa pagina la seguente richiesta della curatrice:
"Se per caso conosce qualche insegnante che insegna nelle scuole medie del suo paese e può essere interessato/a, mi può comunicare i nominativi, in modo da farli presenti ai rappresentanti?
grazie
marina tarallo"  - marina.tarallo@fastwebnet.it

13 marzo 2007

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