LA FESTA DELLA MADONNA A GENZANO DI LUCANIA


La festa della Madonna nel 2002

    Insieme a quella del Natale, la festa della Madonna delle Grazie a Genzano di Lucania - che una volta si celebrava in concomitanza con la ricorrenza della Pentecoste, ovverosia sette domeniche dopo Pasqua - era la più attesa dell'anno, perché era la festa per antonomasia, per la quale trepidavo tanto nell'attesa e gioivo davvero quando arrivava: nemmeno la festa di San Vito, il Patrono di Banzi, il mio paese, mi procurava tanta gioia!

    Perché dovevo andare al paese dei miei nonni materni, che costituiva per me l'altro mondo noto - e fantastico - e dovevo fare tanta strada a piedi per raggiungerlo, percorrendo un sentiero di campagna insinuato a tratti tra rovi e bosco, dovevo superare un torrente alimentato dalle sorgenti di Capodacqua, che mi sembrava un'impresa quanto mai ardua, possibile solo sulle spalle od in braccio a mio padre, ed infine arrampicarmi sull'ultima ripida salita di selciato, dove vi incontravano difficoltà anche i somari ed i muli, che scivolavano con i loro zoccoli ferrati.

    Ma quando superavo l'arco d'ingresso al paese "vecchio", l'agognata quasi celestiale meta era finalmente conquistata. Un venticello ci dava subito il benvenuto e refrigerio mentre imboccavamo la breve ed angusta stradina lastricata bianca, che ci rimaneva da percorrere per giungere a casa dei nonni, durante il cui transito udivo mia madre che salutava una per una tutte le vecchiette vestite di nero, che sostavano davanti all'uscio della propria casa, col cane o gatto disteso ai piedi, e che tutte la salutavano a loro volta, riconoscendola, perché mia madre Severina era di Genzano ed era figlia di Antonio Teto, detto il porcaro, che non c'era persona non lo conoscesse.

    Ed ecco i miei nonni che trepidanti ci attendevano anche loro e per i quali la festa non sarebbe stata davvero tale, se non vi fossimo arrivati noi. Nostra madre mostrava orgogliosa noi figli ai vicini, che ci salutavano con simpatia ed affetto, a volte a me in modo anche eccessivo giacché, a causa del mio viso rubicondo, dovevo subire da più di qualcuno dei bei pizzicottoni, che arrivavano anche a farmi male; ma quel male era trascurabile di fronte alla felicità che mi prendeva tutto, e che sprizzava da ogni poro della mia pelle, per ritrovarmi magicamente, ancora una volta, a Genzano, alla festa della Madonna!

    E la festa cominciava. Scandita dal concento delle campane, che effondevano in continuazione lontano, fino agli estremi limiti del cielo, i loro rintocchi limpidi e profondi, la statua della Madonna si affacciava fuori dalla chiesa, sorretta sulle spalle dei fedeli, pronta a percorrere le strade del paese, per effettuare la sua divina contemplazione e per offrirsi, a sua volta, alla contemplazione del popolo devoto, per elargirgli le sue grazie, per concedergli la sua protezione.

    Una folla di fedeli l'attendeva trepidante ed il loro volto s'impietriva di commozione quando la vedevano apparire.

    Poi la processione cominciava ad articolarsi, preceduta dallo sfilare di cavalli bardati ed infiocchettati, da schiere di ordinati bambini vestiti di bianco come angeli, da congregazioni varie, che con i loro costumi caratteristici protendevano altissimi nel cielo pennoni sventolanti stendardi colorati, da devoti che invocavano la grazia recando scalzi sulle braccia enormi e pesantissimi ceri, mentre il loro volto sembrava sciogliersi, esso al posto dei ceri, per la fatica ed il caldo.

    E poi veniva la Madonna che, come una regina austera nella sua grazia e bellezza, con la corona in testa ed il bambino tra le braccia, sfilava sotto gli archi bianchi delle luminarie, con ai piedi composizioni di rose, delle più belle, fresche e profumate, avvolta nel suo manto azzurro, buona parte del quale ricoperto dai numerosi biglietti spillativi sopra, di mille e diecimila lire, una volta grandi quanto tovaglioli.

    Il Sindaco con la fascia tricolore le tributava subito dietro i dovuti onori ed i carabinieri in alta uniforme la scortavano con compunta severità. E poi veniva la banda, l'emblema della festa, che faceva tripudiare e commuovere con la sua musica orientale. Io vi rimanevo incantato, catturato dal magico talento dei musicisti, che ammiravo uno ad uno mentre mi sfilavano davanti, e la mia faccia si rifletteva, assumendo le deformazioni più strane, negli enormi strumenti a fiato che  sembravano farmi pure delle pernacchie.

    Di tanto in tanto, improvvisamente, da qualche canto di strada esplodevano batterie di fuochi d'artificio ed allora ero costretto a rifugiarmi tra le braccia di mio padre per lo spavento: era l'unica cosa che mi piaceva poco della festa.

    Poi, quando dopo un giro che sembrava infinito, la processione terminava, potevo finalmente gustare il pranzo preparato nel frattempo dalla nonna: pastasciutta con involtini di interiora di agnello - una prelibatezza che sapeva fare solo lei -, arachidi, nocelle e castagne secche.

    Mio nonno sfoderava il suo bottiglione - u' prett" - di gagliardo vino rosso, reso fresco da uno strofinaccio bagnato con cui lo teneva avvolto, ed invitava ad ancora una maggiore allegria.

    Fino alla notte, oltre ai fantastici fuochi d'artificio, rimanevano altri due piaceri da provare, propri della festa della Madonna: la gassosa ed il "yo-yo". Con la prima potevo gustare finalmente una bevanda speciale: perché era dolce al palato e perché mi esplodeva violenta nel naso con le sue bollicine. Col secondo potevo trastullarmi fino al termine della festa, lanciandolo al sedere dei passanti.

    C'erano però delle reliquie che a fine festa mi portavo a casa: erano i tappi delle bevande che raccattavo davanti ai bar, che provvedevo poi a schiacciare ed a stendere ben bene, e con cui avrei giocato in seguito per tutta l'estate con i miei compagni, ai quali li avrei mostrati come trofei, soprattutto se non erano quelli comuni delle birre Peroni o delle gassose Avena.

    Non posso non ricordare, infine, con commozione, mia nonna Caterina Grippo che, discreta ed un po' taciturna, partecipava poco ai rumori della festa: lei la Madonna la venerava ogni giorno e non aveva bisogno di aspettarne la sua celebrazione quella volta all'anno.

    Sono sicuro che, se c'è l'aldilà, si sarà guadagnato un posto nelle sue vicinanze, avrà instaurato un rapporto di amicizia con lei, ottenendo intercessioni anche per sua figlia, mia madre.

    Io, che invece sono scettico sull'aldilà, mi accontenterei, quando sarà arrivato il mio momento, di diventare vento: nel mio vagare non mancherei però di giungere puntuale alla festa della Madonna a Genzano di Lucania, per sventolare nel cielo azzurro gli stendardi durante la processione, e divertirmi a scompigliare i lunghi capelli alle ragazze durante le loro infinite camminate avanti ed indietro per il corso, tentando pure qualche volta, a sorpresa, la birichinata di sollevare le loro vesti.


... e negli anni '60 in un ricordo di mio nonno Antonio Teto 

Vedi anche le seguenti altre pagine:

- Ave Maria Evviva Maria
- Fotoreportage della festa di agosto 2004

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