IL LUPINAIO
(MIO ZIO NICOLA CARCURO)

    Se talvolta ti capita di rimanere assorto in silenzio quando sei a Banzi, e ti pare di avvertire la mancanza di qualche voce che non ti giunge più alle orecchie, fra esse sicuramente c'è quella di mio zio Nicola Carcuro, il lupinaio. Chi, sopra i quarant'anni, non se lo ricorda, con la sua bicicletta nera girare il paese col secchio di lupini e gridare: "cum so saprit, cum so saprit! Non v'affolat, non v'affollat, un a la volt, un a la volt!" (traduzione: "Come son saporiti, come son saporiti, non affollatevi, non affollatevi! Uno alla volta, uno alla volta!).
   
Quando ero piccolo, e lo sentivo passare davanti a casa, mi affacciavo ad osservarlo: un po' per vedere mio zio, un po' per guardare la calca di persone che si affollava intorno a lui, e che immaginavo si desse spintoni per fare a gara ad essere tra i primi ad acquistare i lupini. Ma, appena fuori lo scorgevo, nei suoi paraggi non rilevavo la presenza di anima viva, e lui che continuava ad insistere, quasi fosse vero, di non affollarsi, ma di farsi avanti uno alla volta, uno alla volta.
   
Quando successivamente, andando a scuola ho imparato qualche termine un po' difficile, allorché ho conosciuto la parola barare, non ho fatto fatica a capirne il significato: mio zio il lupinaio quel verbo lo coniugava molto bene. Ancora più facile mi è stato capire il significato del verbo "turlupinare": esso rappresentava la più elevata espressione artistica di mio zio, la parola è stata forse coniata proprio per indicare la sua attività di venditore di lupini.
   
Tuttavia, se io avevo capito che le sue grida erano una pura finzione, qualcuno c'era che, invece, vi abboccava: una bambina, Mimma Giacomino, che sarebbe diventata poi mia cognata. La domenica lei la aspettava proprio per soddisfare la voglia di lupini. Mentre io, infatti, trovavo tale legume scialbo di sapore, lei invece ne andava matta e, appena udiva mio zio annunciarsi con le sue grida, lei cominciava a smaniare, sollecitando sua madre a precipitarsi per andarli a comperare: -"non senti - diceva - che si stanno affollando per comperarli? Sbrighiamoci, se no finiscono!". Mio zio aveva così almeno una cliente assicurata. Ignoro, tuttavia, chi potessero essere gli altri clienti ad avere voglia di gustare i suoi lupini. Ma evidentemente più di qualcun altro ci doveva essere che riusciva a turlupinare.
   
Tuttora, dopo quasi un quarto di secolo che mio zio non c'è più, quando m'incontro con mia cognata, continuo a chiedermi cosa ci trovasse di gustoso nei suoi lupini, ma probabilmente, senza la sua voglia, mio zio avrebbe fatto più fatica a campare e non avrebbe potuto neppure inventare il verbo "turlupinare".

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    Ma, se l'attività prevalente di mio zio era quella di rivenditore di lupini, egli faceva però anche dell'altro. In quest'altro rientrava la sua attività di pigiatore. Nel periodo della vendemmia, infatti, egli offriva le sue prestazioni andando a pigiare l'uva. E raccontava che, quando questa era tanta, vi passava delle giornate intere nel tino, mangiandovi anche dentro mentre, senza soluzione di continuità, andava avanti a maciullare con i piedi nudi i grappoli d'uva. 
    A chi l'ascoltava sorgeva a quel punto spontanea una domanda: "ma se ti scappava qualche bisogno, dove lo facevi?" Un sorriso malizioso si accendeva allora sul suo volto e, in atteggiamento di chi sta per confessarti un segreto che non può essere sentito da nessun altro, dopo essersi guardato intorno per sincerarsi che non ci fossero altre orecchie indiscrete che potessero udire, a bassa voce e mettendosi le mani intorno alla bocca per non far scorgere neppure i movimenti delle labbra (la prudenza per lui non era mai abbastanza), confessava candidamente che i suoi bisogni li faceva nel tino medesimo, tanto poi si mescolava tutto e la vinaccia avrebbe filtrato ogni cosa. 
   
Uno stupore ilare ti coglieva allora irresistibile ed incontenibile, immaginando coloro che avrebbero bevuto il vino baciato dai piedi di mio zio e da egli benedetto in quella maniera: chissà come lo avrebbero trovato di aroma speciale e gustato intensamente. Tale stupore rimaneva poi in me incontaminato da alcun turbamento perché sapevo con certezza che nel tino di casa nostra lo zio Nicola non ci aveva mai messo piede, nel vero senso della parola!

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