NOI CI DAREM LA MANO
... a Capodacqua di Genzano

    L'ultima sparata di Berlusconi, per tentare di vincere le elezioni, è stata la promessa di abolizione dell'ICI sulle prime case: "Ci impegniamo formalmente e solennemente ad approvare in uno dei primi tre Consigli dei ministri un disegno di legge per l'abolizione dell'ICI nelle prime case", aveva dichiarato intervenendo alla manifestazione conclusiva della campagna elettorale di Forza Italia a Roma. E, per una manciata di voti, tale promessa non gli è valsa a rimanere per altri cinque anni a governare l'Italia, il che gli avrebbe consentito di far sì che nella cura degli interessi degli italiani, non venissero pregiudicati quelli suoi, eufemisticamente parlando.
    L'abolizione dell'ICI è stata fatta propria, tuttavia, anche dallo schieramento politico dell'Unione, con un Bertinotti scatenato, che si scagliava contro le proprietà immobiliari, le seconde case, le rendite da capitale immobiliare e finanziario. Ed anche Bertinotti, per la stessa manciata di voti, che non è riuscito a regalare, ha mancato di far vincere le elezioni a Berlusconi.
    Ahimè, tutti ce l'hanno contro le seconde case! Figuratevi come mi stia sentendo io, che di case non ne ho solo di seconde, ne ho addirittura di terze. Sì perché la casa paterna di Banzi, pur essendo una unica entità fisica, catastalmente risulta invece doppia, una intestata a mio padre, l'altra a mia madre. Allora, pur di non sentirmi additato tra quei capitalisti da perseguitare e colpire, sarei quasi tentato, se fosse possibile, di regalare quella casa ai signori politici, facendola così finita, a meno che non venga in mente a qualche deputato o senatore di dare una definizione diversa di "seconda casa", escludendo da tale categoria quelle costruite dai nostri defunti emigranti, perché esse sono in realtà solo un museo, un tempio sacro da conservare, fonte più che di utile, di oneri.
    Giacché Mirko Tremaglia - che pensava di portare benefici al suo partito con la trovata di far eleggere dagli italiani all'estero dodici deputati e sei senatori, si è rivelata invece un boomerang per la sua coalizione, valendo i quattro senatori  eletti fra le liste dell'Unione, a fare la differenza sufficiente ad attribuire, infine, la risicata maggioranza a favore di Prodi - ha consentito di far eleggere senatore in Argentina Luigi Pallaro, mi rivolgerò a lui per perorare la causa di riuscire a far escludere dalle seconde case quelle come la mia di Banzi.
    Perché, qualcuno potrebbe chiedersi, mi rivolgerei proprio a lui? Perché mi sentirei meglio rappresentato, in quanto anch'io, pur vivendo in Italia, mi sento in realtà come all'estero, anzi peggio, perché un italiano emigrato in argentina, per esempio, sogna ed ama l'Italia, la sente come la sua vera patria, io, invece, mi sento come uno che non ha nessuna patria.
    Ma, ritornando alla proposta di abolire l'ICI sulla prima casa, probabilmente passata la campagna elettorale, se la dimenticheranno tutti, o si renderanno conto che è giocoforza doverla accantonare, per riprenderla in tempi migliori, ovverosia tra qualche lustro, sempre che non si vada di male in peggio. 
    Del resto, Berlusconi è ritornato all'opposizione (ma anche se fosse stato confermato "premier", alla sua promessa, almeno io, non ci avrei creduto), Bertinotti è stato eletto presidente della Camera, e questo alto ruolo istituzionale gli impone di avere maggiore equilibrio, evitando di commettere più gaffe, anche se qualche apprensione rimane, visto che durante il discorso d'insediamento di ieri 29 aprile, ha incredibilmente sbagliato a nominare il presidente della Repubblica, chiamandolo Carlo "Aurelio" Ciampi, anziché Carlo "Azeglio" Ciampi: speriamo si sia trattato solo di troppa emozione, per essere egli passato dal ruolo di sindacalista rivoluzionario, a quello di presidente della Camera.

    Se fossi io il capo del Governo, tuttavia, l'ICI saprei come abolirla subito, non solo sulle prime case, su tutte, attraverso una semplice, incruenta operazione di riforma istituzionale, peraltro già posta in essere nel passato dal nonno di "Alessandra" ... per chi non avesse capito chi lei sia, preciso che è quella che fece un gran baccano quando la sua lista, "Alternativa Sociale", fu esclusa in prima battuta dalla competizione elettorale per la regione Lazio, sgambettata da quell'antipatico suo compagno di partito, anzi camerata, Storace, che la spiava... benintesi non dal buco della serratura mentre faceva la pipì, non ricavandoci peraltro, se l'avesse fatto, un ragno da quel buco, perché infine non si è fatto neppure una sega, essendo, lui, stato trombato.
    Ebbene cosa fece a suo tempo il nonno Benito? Fra le tante cose giuste e sbagliate, ne fece una razionale: accorpò un sacco di comuni, mettendoci solo una persona al comando, il podestà. Da allora il processo è stato invertito, proliferando in continuazione sia il numero dei Comuni, che ha raggiunto la ragguardevole cifra di 8.101, sia quello delle province, diventate 103.  Ed è proprio necessario che debbano esistere tutti quegli enti? Comuni addirittura sotto i cento abitanti? Dove bisogna comunque tenere in piedi un municipio, stipendiare qualche dipendente, dare indennità di cariche a sindaco ed assessori, gettoni di presenza ai consiglieri, compenso al revisore dei conti, ecc., ecc.?
    Nel 1990, con la legge 142, di riforma dell'ordinamento comunale, venne prevista la possibilità di fusione tra i comuni, ma dubito che ce ne siano stati almeno due che si siano avvalsi di tale facoltà. Inoltre, la riduzione dei componenti delle giunte comunali prevista in tale legge, è stata subito derogata (cancellata in pratica) dalla previsione della possibilità di aumentare il numero degli assessori fino ad un terzo i componenti il consiglio. 
    Così, se sulla base dell'originaria previsione dell'art. 33 della citata legge 142/1990 il numero degli assessori in un comune come Banzi sarebbe dovuto essere di soli due, essi invece sono diventati il doppio: ritenete che la gente di Banzi tragga qualche beneficio dal raddoppio del numero degli assessori, ovvero che abbia a soffrirne se essi fossero invece solo due? Io penso che non se ne accorgerebbe nessuno e che le condizioni di vita dei banzesi non cambierebbe di un millimetro.
    Ma è necessario andare in modo deciso oltre, ovverosia arrivare a ridurre drasticamente il numero dei comuni in Italia: un quarto, secondo me, potrebbe essere più che sufficiente, senza che ciò sconvolga minimamente la vita degli italiani, rendendo tuttavia realmente possibile, non solo la soppressione dell'ICI, ma anche dell'addizionale IRPEF, e liberando risorse per fare non poche cose utili a favore della popolazione, risorse che attualmente sono destinate invece per tenere in piedi strutture e mantenere apparati.
    Allora, Banzi e Genzano potrebbero tranquillamente fondersi in un solo comune. Vertone, del resto, ha già intrapreso questa strada avvalendosi del segretario di Genzano, adesso deve essere la popolazione di Banzi che, nel solco da lui tracciato, decida di arrivare ad avvalersi anche del sindaco di Genzano. Penso che da parte di quelli di Genzano non sarebbero sollevate obiezioni, spiegando il vantaggio che ne deriverebbe per entrambe le popolazioni. Si tratta di trovare a Banzi un candidato sindaco kamikaze che adempia alla missione suicida: potrebbe farlo anche il sindaco ora in carica, il quale potrebbe almeno gloriarsi di essere stato lui l'ultimo che suggella l'elenco dei sindaci di Banzi.
    Peraltro, va considerato che la fusione tra Banzi e Genzano avrebbe solo una valenza amministrativa, non farebbe scomparire i due paesi, giacché le entità geografiche continuerebbero a vivere, ovverosia la fusione non avrebbe come conseguenza anche quella di dover rinunciare, ad esempio, all'orgoglio, se uno lo sentisse, di essere banzese o genzanese; sui cartelli segnaletici all'inizio del paese può continuare a campeggiare la scritta Banzi o Genzano; ognuno può tranquillamente continuare a parlare il proprio dialetto, e così via. Sarebbe per caso irrinunciabile che dietro la statua di San Vito, colui che porta la fascia tricolore, anziché essere di Banzi sia di Genzano? Sarebbe impossibile rinunciare all'idea che non ci sia più il palazzo municipale a Banzi?
    Del resto, se si riflette, i motivi di andare in municipio per un normale cittadino sono davvero assai pochi: carta d'identità ogni cinque anni, denuncia di nascite di figli o morte di parenti, promessa di matrimonio, tutte cose che potrebbero comunque continuare ad essere fatte ancora in loco, attraverso un semplice ufficio distaccato polifunzionale, retto da un unico dipendente.
    Si pensi, a fronte di pressoché alcun disagio per la popolazione, viceversa, i benefici che alla stessa deriverebbero, costituiti oltre che dall'abolizione dell'ICI e dall'alleggerimento di altre tasse, anche dalla liberazione di ingenti risorse, che potrebbero essere destinate ad un sacco di cose utili per la gente.
    Penso, per esempio, alla realizzazione di opere pubbliche, sistemazione di strade e piazze, riqualificazione urbanistica ed abbellimenti dei due paesi. A me viene in mente, ad esempio, che potrebbe essere costruito un percorso pedonale lastricato fra Banzi e Genzano, sul tracciato dell'antica scorciatoia, il quale potrebbe costituire un bell'itinerario naturalistico lungo il quale andare a passeggiare o fare footing. Poi si potrebbe fare una diramazione verso la diga, dove realizzare un'area attrezzata per intrattenersi piacevolmente, facendo il bagno, prendendo il sole, pescando, giocando a calcetto, tennis, ecc.
    Illuminato con fioca luce attraverso faretti alimentati con pannelli solari, potrebbe diventare un itinerario romantico durante le sere d'estate, percorrendo il quale si potrebbe ammirare il cielo stellato, vedere solcare comete, ascoltare il trillare dei grilli, e tutte le altre voci notturne della natura, giungendo fino alle fontane di Capodacqua a fare una bella bevuta di acqua fresca.
    Facendo la fusione dei due comuni, diventerebbe finalmente irrilevante la questione se la "Fons Bandusiae" sia la sorgente della ripa di Carnevale, oppure quella di Capodacqua: in ogni caso essa apparterrebbe alla comunità banzigenzanese.
    Ma non sarebbe trascurabile, poi, neppure il beneficio che ne deriverebbe in termini di aumento del numero delle feste, cumulando i Santi Patroni, i quali potrebbero venire festeggiati anche insieme, con una processione comune, facendo fare loro un giro per tutti e due i paesi, percorrendo la vecchia scorciatoia ripristinata come detto prima. Anzi si potrebbe fare ancora di più, mettere insieme la Madonna di Genzano con quella di Banzi, i Santi Vito ed Antonio, e portarli a spasso in trionfo tutti e quattro in due belle coppie.
    Si potrebbe organizzare come luogo d'incontro Capodacqua, dove, come si fa per lo scambio del segno di pace  durante la messa, noi ci darem la mano.

P.S. Circa il nome da dare al nuovo comune risultante dalla fusione, esso potrebbe essere semplicemente la somma dei due precedenti, quindi "Banzi Genzano", oppure "Genzano Banzi", un nome che per i genzanesi sarebbe comunque più breve dell'attuale Genzano di Lucania.

(30 aprile 2006)

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