NON SARA' APOLOGIA DI REATO DIRE...


Povero Matteo Mezzadri, cosa gli è capitato! Io lo capisco perfettamente, perché qualcosa del genere successe anche ad un mio corregionale, Giovanni Passanante, che - come sarà noto a qualcuno - a Napoli il 17 novembre 1878 non si limitò solo ad evocare pallottole, ma tentò di tradurre direttamente in atto il desiderio di regicidio di re Umberto I (una sorta di Berlusconi dell'epoca, anche se il suo cognome era quello dei Savoia)

Ciò gli comportò di essere catalogato da Cesare Lombroso come un prototipo di delinquente nato, sì che,  dopo l'orrenda fine consumata nel manicomio criminale di Montelupo il 14 febbraio 1910, il suo teschio fu esposto presso il Museo di Criminologia di Roma.

Debbo confessare che pure io una volta (l'ho fatto però solo in sogno), ho tentato di ammazzare una persona: non era di rango né reale, né governativo: si trattava di Mike Buongiorno, non potendone più del suo "Lascia o raddoppia".

Evidentemente, quando uno si sente ingozzato in modo nauseante di certe cose come un'oca, scattano talune pulsioni a livello inconscio, che possono anche sfuggire ai freni inibitori della razionalità. Così sarà successo a Matteo Mezzadri, al quale l'espressione ”Ma santo cielo, possibile che nessuno sia in grado di ficcare una pallottola in testa a Berlusconi?” gli sarà sfuggita un po' come quelle parole pronunciate in sogno mentre si dorme

Ma, se l'avvocato Niccolò Ghedini ed il procuratore che sta esaminando il fatto dovessero pensarla diversamente, allora essi dovrebbero spiegare perché non sia stato messo già in galera Umberto Bossi un minuto dopo aver proferito le parole  "se si ferma il federalismo facciamo la guerra": non costituisce tale dichiarazione una minaccia di reato gravissimo? E quando Berlusconi ha dato del coglione a tutti coloro che ritenevano non fosse una carineria dire che Obama era abbronzato, non ha commesso anch'egli il reato di ingiuria nei confronti di milioni di persone?

Invece, quando Bossi le spara grosse, "il primus sopra pares" (Berlusconi) interviene prontamente a dire che le minacce del "Senatur" vanno interpretate come delle carezze ai suoi elettori; quando un ingenuo ragazzo si lascia sfuggire espressioni che - per usare definizioni dello stesso Premier - sono "di largo consumo", il direttore de "Il Giornale" Vittorio Feltri coglie lo spunto per fare un titolone da prima pagina: "Vogliono uccidere Berlusconi", additando gli aspiranti "berluscocidi".

 

E' incredibile come possa essere sconvolta la vita di una persona per una leggerezza od ingenuità, quando si viene sbattuti sui giornali, puri oggetti di scoop. 

Anche ciò lo capisco perfettamente, perché (modestamente) anche a me è capitato una volta di rimanere vittima di uno scoop da parte di un direttore di giornale: Francesco Damato, all'epoca direttore de "Il Giorno", il quale, violando gravemente le regole di deontologia giornalistica, mi sputtanò platealmente, creandomi non poco imbarazzo professionale, sebbene ciò che evidenziassi nella lettera a lui indirizzata fosse lapalissiano, come  qualche anno dopo dimostrarono "Mani Pulite"ed il crollo della prima Repubblica (quantunque non succeduta poi questa da una migliore).

Per l'accaduto, la redazione de "Il Giorno" mi telefonò per solidarizzare con me, invitandomi a convocare una conferenza stampa; Franco Abruzzo, allora presidente dell'ordine dei giornalisti di Milano, anch'egli mi telefonò, invitandomi a denunciargli il fatto, per procedere con provvedimenti disciplinari nei confronti di Damato Ma io non me la sentii di fare la conferenza stampa e, sebbene invece avessi scritto ad Abruzzo, Damato la fece franca, perché l'albo a cui era iscritto era di una provincia del Lazio e lì la pratica la buttarono nel cestino.

Dei fatti che denunciavo nella mia lettera al direttore, uno era già sfociato (non per iniziativa e/o causa mia) in un processo, nel quale fui chiamato a testimoniare: l'esperienza fu sconvolgente perché, nonostante le prove oggettive ed inconfutabili avute a disposizione dal tribunale, il processo si rivelò una farsa, col risultato di essere aggredito io ferocemente dall'avvocato dell'imputato, come fossi io il criminale e non il suo assistito, il quale fu invece assolto, col risultato di aggiungere danno alla beffa, perché la Regione Piemonte, nell'ambito della quale egli rivestiva la carica, gli avrà rimborsato poi anche le spese legali sostenute, che saranno state sicuramente esose, perché gli avvocati, in questi casi, sparano parcelle altissime.

Dico ciò con cognizione di causa, avendo dovuto, un comune dove anni addietro prestavo servizio, rimborsare ad un ex assessore l'incredibile cifra di 65.000.000 di lire per essere egli stato assolto in un procedimento penale celebratosi per fatti inerenti la carica rivestita. E da notare che il procedimento penale si era esaurito in unico grado!

Mi chiedo a questo punto: se dovessero risultare assolti gli ex amministratori ed i dipendenti di Banzi, caso mai dopo i tre gradi di giudizio, come farebbe il mio comune natio a rimborsare la montagna di spese legali cui sarebbe tenuto? Secondo me l'unnica via d'uscita sarebbe dichiarare lo stato di dissesto finanziario del comune.

Dico cose paradossali? Provare per credere.

 

Dopo la brutta esperienza di quel processo, sono pervenuto a due conclusioni: 

1) è molto più difficile recitare il ruolo di testimone che quello d'imputato;

2) bisogna pensarci su dieci volte prima di denunciare un amministratore od un dipendente pubblico, perché ciò può comportare non solo ancora più grave danno all'ente di appartenenza, ma, con la lentezza dei processi in Italia, anche il non improbabile fastidio di essere scomodati a dover andare a testimoniare a distanza di anni, caso mai quando si è già in pensione e lontani mille chilometri dalla sede del tribunale, sopportando in aggiunta le spese di viaggio ed il pernottamento in albergo, perché la legge prevede il rimborso delle spese legali all'imputato, per i testimoni invece niente.

Comunque, ritornando a Mezzadri, voglio dirgli, coraggio Matteo, spero che non ti succeda niente, che ti venga risparmiato di ritrovarti di fronte all'avvocato Ghedini, sottratto a quello sguardo che sembra ti voglia strappare l'anima dal corpo, solo perché hai osato farfugliare in un metaforico sogno quelle parole contro il "il primus sopra pares" da egli inventato.

Da quando Ghedini partecipa alle trasmissioni "Annozero" e "Ballarò", io spengo la televisione e non guardo più neppure quelle, arrivando a pensare peraltro che, al confronto, il suo collega avvocato e ministro Ignazio Larussa, contrariamente a quanto avevo scritto in "Una telefonata allunga la vita", abbia un'espressione lontana meno di mille miglia da quella d'un angelo.

Però, Matteo, se proprio dovessi ritrovarti al cospetto di Niccolò, non fartela sotto, ridigli invece in faccia dicendogli "ma va là avvocato Ghedini!". Il tribunale potrebbe anche assolverti in uno scoppio di fragorosa risata.

 

30 settembre 2009

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