ONORE ALLA MEMORIA DI NICOLA RICCARDI

NU CHENAT CA NON'ER SCHUM D' PGNAT

Nicola Riccardi

     

Il 20 dicembre 1952 fu un giorno gioioso a Banzi, perché si celebrava il matrimonio tra Anna Carcuro (la mia prima sorella, diciotto anni compiuti il 10 aprile) e Nicola Riccardi (Nicolin' u' furnacial' - così chiamato comunemente perché lavorava nella fornace del paese a produrre mattoni, ancora forse nei pavimenti di qualche casa lucana - 23 anni compiuti il 25 agosto).

Tante persone erano indaffarate a vestire la sposa, mangiandosela con gli occhi per quanto mia sorella fosse bella: lo era già di suo, immaginiamo poi con l'abito bianco! A quelle persone sarà scappata anche qualche lagrima di commozione, riflettendo che sua madre invece non poteva ammirarla, se non dal Cielo, dove era andata prematuramente, lasciando sua figlia di appena sei anni.

Ma anche lo sposo era oggetto di mille attenzioni e cure, aiutato a vestire anche lui, ad abbottonare la camicia, fare il nodo alla cravatta, intanto lisciandolo, pizzicottandolo, dandogli baci pure, perché anche mio cognato era un bel giovane, straboccante di vitalità e simpatia.

Anna e Nicolino sono stati esattamente 64 anni insieme, un così lungo tempo pieno sempre di amore, rispetto, dedizione assoluta, fra loro due e nei confronti dei tre figli e rispettivi generi-nuore, sette nipoti, quattro pronipoti (fin qui).

Gli ultimi dieci anni di lavoro, giacché prestavo servizio in comuni vicino Domodossola, facevo loro visita di ritorno da Bognanco. Come sempre, la porta era aperta, senza alcun timore dei ladri.

Quella visita era per me come il premio settimanale!

Ciò che mi rimane impresso in modo particolare, era il fatto che, se solo Anna scompariva dalla scena per un minuto, egli subito la chiamasse: "A!". Voleva averla sempre al suo cospetto, come non fosse ancora pago di guardarla, di riempirsi l'anima della sua visione.

Che marito affettuoso, esemplare è sempre stato!

 

Il 19 dicembre scorso di nuovo c'era qualcuno indaffarato intorno a Nicola Riccardi per mettergli addosso ancora un vestito nuovo per qualche festa, stavolta però quella del suo funerale.

Qui sopra ho riassunto brevemente anche le frasi pronunciate a fatica da mia sorella Anna, captandone le parole tra i singhiozzi di pianto sconsolato. Ma non era l'unica, erano in tanti a non riuscire a trattenere le lagrime durante il funerale celebratosi a Domodossola mercoledì 21, nella chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, dimostrazione eloquente di quanto dolore e commozione suscitasse in ognuno la sua dipartita, me non escluso, con smentita clamorosa del motto banzese "chenat' schum d' pgnat", che vorrebbe significare che un cognato vale quanto la schiuma che si forma nella pignata cuocendo i legumi.

Mio cognato, consapevole di meritare tutto quel pianto, giacché mi aveva visto fare discorsi funebri ai funerali di mio padre e mio suocero, non poche volte mi ha ammonito di evitare di farlo anche per lui, evidentemente perché non voleva si acuisse e prolungasse ulteriormente la tristezza e la commozione per la sua dipartita.

Ed io, che invece l'avrei fatto volentieri anche per lui, mi ero rassegnato ad astenermi per rispetto della sua volontà.

Ma ne sono stato richiesto poi da Michele, suo figlio, il quale mi ha detto che il padre avrebbe sicuramente perdonato la mia trasgressione; ne ho letta poi l'esortazione anche nel volto della nipote Monica, forse il più emblematico di quanta tristezza e dolore si potesse provare per essere lasciati da un nonno come Nicolino: e chi lo dimenticherà mai quel volto!

Così, riuscendo con estrema fatica a liberare la gola dalla morsa della tenaglia, ho esaudito il loro desiderio e mi sono preso l'onore di rivolgere l'ultimo saluto a mio cognato.

La generosità ed altruismo di Nicolino erano davvero smisurate, le ha dispensate a piene mani da vivo, voleva farlo persino dopo la sua morte! Peraltro esse non le dispiegava solo nello stretto ambito famigliare, anche nei confronti di estranei. Un episodio vale a dimostrarlo bene.

Di ritorno dal comune di Bognanco, quasi ogni volta  vedevo Nicolino nell'orto ai piedi del Calvario, soffermandomi qualche minuto a salutarlo. Due anni fa stava per raccogliere le numerose zucche. Mi sono offerto di aiutarlo. Nel mentre, si avvicina una persona che chiede di poterne avere una. Per scoraggiarlo e farlo andare via gli faccio presente che mio cognato le vendeva a due euro al chilo. Va bene, egli risponde.

Glielo riferisco allora a Nicolino, un po' più lontano. Ed egli si avvicina, dice a costui di scegliere la zucca che preferisce. Egli prende una delle più belle, quindi estrae il portafogli per pagare il dovuto. Mio cognato gli dà una pacca sulla spalla, dicendogli che poteva andare tranquillo. Con mio disappunto, perché mi aveva contraddetto e perché aveva rinunciato a più di trenta euro. E' sempre lui, non è cambiato neppure ad ottantasei anni, ho commentato silenziosamente dentro me.

Ma non era solo la bontà a straboccare dal suo animo, che poteva essere colta trovando casa sua sempre aperta, con la tavola imbandita, ad essa era mescolata l'allegria, con la quale trasformava sempre in un giorno di festa qualunque giorno feriale in cui lo incontravi.

Quanti bei ricordi conservo di quando ritornava dalla Francia per Natale: egli la riempiva veramente di gioia con i giochi che inventava.

La felicità durava fino a che non ci si addormentasse. Talvolta mi è capitato andare a letto con lui vicino (eravamo in tanti in famiglia ed i letti erano pochi), allora scherzava dandomi i "muzzc d' ciucc'", ed io non sapevo se ridere per non piangere, oppure piangere dal ridere.

L'allegria era la caratteristica che più contraddistingueva mio cognato, che lo faceva apprezzare ed amare. E grazie ad essa il Cielo l'ha sempre aiutato per davvero.

Ora la sua allegria l'ha portata in dote al Cielo e chissà che festa gli staranno facendo lassù!

La notte precedente il suo funerale - non era mai accaduto prima - ho sognato mio padre e mia madre. Li ho visti col volto trepidanti di gioia perché, avevano detto entrambi, andavano incontro a Nicolino, sapendo che era arrivato! Che grande speranza accende quel sogno, che possa davvero accadere di poterci incontrare ancora e stare insieme!

Per la bontà, la rettitudine, l'operosità, l'amore dispiegati nella vita sulla Terra nei confronti della famiglia e del prossimo intero, ti avranno fatto guadagnare Nicolino un posto d'onore là dove sei andato ora, non importa che denominazione abbia.

Sono certo che anche da lì metterai in opera la tua generosità nei nostri confronti e, per poterti incontrare ancora e stare insieme, spenderai delle buone parole, in modo che quando sarà giunto il nostro momento, la porta che tu hai trovato spalancata, a noi rimanga socchiusa almeno quanto basti per poterci far entrare.

E tu, ne sono sicuro, starai dietro nascosto quella porta, pronto a farci chissà quali scherzi che nel frattempo avrai inventato!

 

 

23 dicembre 2016

HOME PAGE   RIMEMBANZI