RICOMINCIO DA QUATTRO

    Gli esami non finiscono mai, recitava Eduardo De Filippo in una sua famosa commedia. Essi, effettivamente, rimangono un incubo che ti accompagna per tutta la vita, persino nei sogni: quante volte mi ritrovo a dover essere interrogato in storia senza sentirmi preparato? Oppure con la tesi di laurea rimasta ancora da sostenere, dopo averla conseguita da quasi trent'anni, ed in modo non virtuale?
    Non è da meno, tuttavia, l'incubo provato anche nella realtà, quando mi ritrovo ad essere esaminato, per esempio, da sindaci, assessori, dipendenti comunali. Ciò può apparire strano, atteso che dovrei essere ormai navigato a distanza di oltre venti anni di servizio come segretario comunale, eppure è così.
    Infatti, se, ad esempio, non ho avvertito alcuna difficoltà a sottopormi agli esami finali del corso fatto a Roma per il passaggio in fascia A nell'albo dei segretari (in quella occasione ho visto invece svenire una collega), oppure a controbattere con l'avvocatura della regione Lombardia per far valere le ragioni del comune in una controversia, od a persuadere un alto dirigente del Ministero dell'Interno circa la sussistenza dei presupposti per dichiarare lo stato di dissesto finanziario in un altro comune, viceversa, talvolta è tutt'altro che lieve il disagio che provo a far recepire le cose più semplici a qualche amministratore comunale o dipendente, che ti guardano con aria perplessa e strana.
    Del resto, non è inverosimile che ciò accada, effetto ciò di uno strano paradosso, laddove si pensi che, mentre per diventare segretario (ma anche magistrato) occorre sostenere selettivi difficili esami, invece per fare il sindaco, il deputato, il senatore, persino il presidente della Repubblica, non bisogna sottoporsi ad alcuna prova, essendo solo sufficiente aver collezionato sulle schede elettorali un certo numero di X, carpite eventualmente anche per errore od inganno, in virtù di un simbolo equivoco.
    Una volta, prima di assumere la carica di consigliere comunale, bisognava effettuare almeno la prova di alfabetismo, dimostrando davanti al segretario di saper apporre la propria firma. Da un po' di anni tale formalità è stata eliminata, sicché, in teoria, la legge consente ad una persona di assumere la carica di amministratore comunale - ma anche di deputato, senatore, perfino di presidente della Repubblica - da perfetto analfabeta, demandandogli tuttavia il compito di redigere, nell'ambito del comune, statuti e regolamenti, in quello statale di scrivere leggi.
    Qualcuno poi, un quisque de populo come Bossi, si è spinto addirittura a sostenere che perfino i giudici della Corte costituzionale dovrebbe avere una composizione politica, ovverosia essere costituita da gente del popolo... per la massima parte "longobardo" ovviamente.
    Nessun problema comunque si pone per tali personaggi pubblici, perché qualcuno lo trovano che li supporta per scrivergli dei discorsi che debbono fare in certe occasioni, come ad esempio oggi 25 aprile. Qualche anno fa, per esempio, l'allora sindaco del comune dove prestavo servizio, lesse il discorso che io gli avevo preparato; senza dire poi di tutti gli "editoriali" che gli facevano fare bella figura sul periodico d'informazione comunale.
    C'era però un consigliere di Rifondazione comunista che non se la beveva, e quando mi incontrava me lo faceva capire chiaramente con un sorriso ammiccante, a significare che egli poteva essere ritenuto sì una persona semplice e di poca cultura, ma non stupido. Ed io cosa potevo fare? Rispondere con un altrettanto sorriso, disarmato, che faceva appello alla sua indulgenza.
    Quel consigliere ha tuttavia dato un buon contributo ad aumentare e migliorare l'immagine, la considerazione e la simpatia del partito di appartenenza, cresciuti recentemente ancor più quando - lo dico senza alcuna ironia - vedi che nello stesso vanno a militare persone come Vladimir Luxuria, che spiccano per intelligenza e sensibilità non comuni, rispetto a quelle, invece, piatte piatte di non pochi esponenti di altri partiti, come ad esempio un'Alessandra Mussolini, che nei confronti televisivi sbraita come una pescivendola.
    Non è così invece per le istituzioni ecclesiastiche, nelle quali le cariche, a prescindere dall'essere o meno credente, non si può non dare atto di essere ricoperte da persone sicuramente degne ed all'altezza dei compiti: perché allora io mi chiedo, per diventare sacerdote, vescovo, cardinale, Papa, bisogna aver raggiunto determinati livelli di preparazione e cultura, mentre a ricoprire la carica di ministro può arrivare un "cicciobello" come Calderoli? Perché uno come Storace viene bocciato dall'elettorato nella carica di presidente della regione Lazio e, invece di essere buttato al macero, viene premiato con la carica di ministro della sanità? Sono i misteri, non della fede, della politica, anzi i suoi paradossi.

   Anche per un altro grande artista napoletano, Massimo Troisi, gli esami non finivano evidentemente mai: tutta la sua vita interpretata nei film era un tormentoso continuo esame, giacché le situazioni più semplici ed ordinarie diventavano per lui un problema sul quale cimentarsi, e pertanto una sorta di esame da sostenere. Ma egli era agevolato dall'essere un artista di talento, sicché, invece di ricominciare ogni volta daccapo, da zero, s'è potuto inventare la trovata geniale di "ricominciare da tre".
    Ciononostante rimaneva sempre preda dell'incubo di essere guardato come emigrante napoletano, e quando incontrava qualcuno dalle parti di Firenze che glielo chiedeva, egli rispondeva stizzito ed ossessionato pressappoco così: "ma perché un napoletano può andare in giro solo per fare l'emigrante"?
    Quando c'è da ricominciare, tuttavia, ognuno lo fa col proprio spirito, inventandosi qualcosa per darsi coraggio, ridendo se del caso anche sulle disgrazie che gli sono capitate.
    Di recente mi sono ritrovato anch'io nella situazione di dover ricominciare, l'ho fatto addirittura da quattro, ma non per emulare-scimmiottare la trovata geniale di Massimo Troisi, bensì davvero, per necessità, effetto ciò dei paradossi della politica di cui sopra. E quel quattro, quindi, anziché costituire una dotazione iniziale di vantaggio, rappresenta invece una sorta di penalizzazione, come quella inflitta a certe squadre di calcio, che iniziano il campionato, da sotto zero, anzi, che vengono retrocesse dalla serie A alla B od addirittura alla C.
    L'occasione è stata molto utile, tuttavia, per capire davvero chi sono certe persone, quelle che si proclamano amiche, che dichiarano di mettersi a tua completa disposizione, invece sono dei semplici millantatori, che al momento del bisogno se la squagliano, non le vedi e senti più. Ed allora capita che uno per lavorare debba fare non solo l'emigrante, ma l'emigrante al quadrato, finendo quasi per espatriare in Svizzera, perché in patria non vieni riconosciuto non solo come "profeta".
    Ma col tempo ho imparato a vedere il bicchiere mezzo pieno, anziché mezzo vuoto e, se non mi è stato possibile essere vicino a mio padre nel momento supremo della sua vita, avrò l'opportunità invece di esserlo alla mia sorella maggiore Anna a Domodossola. Quelle montagne intorno forse mi faranno rimpiangere anche meno le colline di Banzi, pur se lascerò intatto in questo sito la manifestazione di tutto ciò che da loro mi è stato suscitato, anche l'intitolazione "... un poeta lucano di Banzi, il suo amore verso la propria terra...", che non rinnegherò mai, nonostante la repulsione a certe facce che lì vi circolano.
    Qualche giorno fa a Bognanco stavo assaporando una bella giornata di primavera. Ero intento a contemplare quella incantevole cornice di monti, sgranocchiando una tavoletta di cioccolato, quando è passata una coppia che si è soffermata  un attimo a guardarmi. Nel loro sguardo sorridente ho intuito la battuta che lui stava per fare e che ha fatto, vedendomi mangiare il cioccolato: "svizzero"? Loro si aspettavano, ovviamente, che io rispondessi "no, Novi".
    Ma in quel momento mi è venuto in mente Massimo Troisi, la sua ossessione di essere visto come emigrante ed ho sentito la necessità di rispondere in modo diverso a quella battuta, come per vincere tale sua ossessione e vergogna, e, fingendo una battuta strana, ma dicendo invece la pura verità, ho replicato: "no, sono un emigrante lucano". 
    Dal tono serio come l'ho detto, essi sono rimasti alquanto perplessi, spegnendo in un sorriso appena abbozzato la risata che invece era pronta a deflagrare, esplosa tuttavia un attimo dopo, quando, con prontezza di riflessi, lei ha recuperato dicendo: "cosa vuoi di più dalla vita, un lucano"!
    Più che una pagina di racconto, questa, è di diario, che non mi piace però rimanga segreto.  

25 aprile 2006

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