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... di Pep-Ino

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A

 

Questa moneta che vedete qui sopra è una lira: sì una lira! L'ho ingrandita un po', facendola diventare una "LIRONA" e, due spazi dopo, ho posto la mia faccia. 

Nella foto sto guardando Pepe, la gazza ladra posata sulla mia spalla, ma quello sguardo, se lo osservate attentamente, potete notare che va anche oltre, fino a raggiungere la moneta coniata cinque anni dopo la mia nascita, rivedendola anche più grande di quanto non lo fosse nella realtà, come accade per tante cose in retrospettiva, oppostamente peraltro ad altre che, viceversa, le rivediamo piccole, anche nel senso di meschine.

Io e la gazza ladra abbiamo deciso di costituire una società in quote uguali, pure per quanto attiene la composizione della sua denominazione: tre lettere, quelle iniziali, prese dal suo nome Pepe, tre, quelle finali, prese da quello mio Tonino: pertanto, la società si chiama Pep-Ino (sic!), il che evita anche possibili apprensioni e/o reazioni di qualcuno (nonché seccature a me ed alla gazza ladra) ove, invece, l'avessimo chiamato col nome comune (anzi, proprio di persona, come a scuola mi insegnava la buonanima del mio maestro) Peppino.

Ma di cosa si occuperà questa inedita società? Si occuperà di "lironia", ovvero di tutto ciò e di tutti coloro che affetta/no mania di grandezza, come ad esempio quella moneta di una lira, che si trasforma in una "lirona", in questo caso col mio aiuto e la mia comprensione, perché ad essa sono collegati ricordi indelebili.

 

Infatti, se ora la moneta di una lira uno la può avere solo in quanto numismatico, da piccolo io quella moneta l'ho vista circolare per davvero, con le sorelle maggiori delle cinque e delle dieci lire.

Nelle mie mani essa è arrivata per la prima volta in occasione delle feste natalizie, quando si faceva il gioco dell'oca. Il foglio del gioco con tutte le figure, incredibilmente a distanza di 50 anni, è stato rinvenuto qualche anno fa nel comò, quando con la mia sorella più piccola facemmo ordine in casa dopo che anche nostro padre ci lasciò.

Che emozione nel ricordare le tante ore trascorse a lanciare dadi ed a fare avanti ed indietro sulle caselle, tra pozzi, carcere ed oche appunto, che ti facevano arrivare spedito verso il traguardo finale.

Per puntare si usavano più che altro oggetti per il cucito: ditale, gessetto, bottoni. Alla fine non vinceva mai nessuno, perché quelle poche lire ora le vinceva l'uno, ora l'altro ed infine avveniva la compensazione. Ciò accadeva anche perché, diversamente dal gioco delle carte, a quello dell'oca non si poteva barare, sicché la fortuna/sfortuna era equamente distribuita.

Comunque, la moneta da una lira scomparve presto, riuscendo forse solo nei primissimi anni della mia vita a comperare con essa qualche caramella. 

Ho avuto invece molto più a che fare con le cinque, le dieci e le venti lire. Con cinque lire si comperava una volta un gelato. Quando d'estate il gelataio faceva il giro per il paese, egli vendeva coni da cinque e da dieci lire: qualche volta mia madre me ne prendeva uno da cinque.

Nella pagina "Elargizioni in chiesa" ho raccontato come una mia parente, allo scopo di procurarsi la moneta da cinque lire da dare in oblazione in chiesa, se per caso si trovava sprovvista, mi faceva comperare cinque lire di salsa da Farnidd dandomi dieci lire, così, offrendo solo le cinque lire di resto (che si guardava bene dal darmele in mancia), riusciva ad evitare che padre Dionisio o Celestino si potessero arricchire.

Tuttavia, se mai, né quella parente, né un'altra a me più vicina, che mi comandava in continuazione, facendomi correre a destra ed a manca, anche ad attingere acqua alla fontana, con un secchio di zinco il cui bordo era un attentato all'incolumità della mia gamba, mai, dicevo, mi hanno dato una mancia di cinque lire, viceversa un vicino di casa era molto generoso. Questi era "Mastron", quello della fontana omonima, che Sapio si era dimenticato di inserire tra le fontane di Banzi: egli, ogni volta che mi incaricava di eseguire una commissione, puntualmente mi dava ben dieci lire. Allora io cercavo di captare quando aveva bisogno, mi facevo vedere e prontamente e con entusiasmo adempivo all'incarico.

Con tutta quella serie di dieci lire, sapete cosa riuscii a fare? A completare la collezione delle cento figurine dell'"Epopea Garibaldina", commemorata nel 1961 in occasione della ricorrenza del centenario dell'unità d'Italia. Con ogni mancia, andavo infatti a comperare una tavoletta di cioccolato "Ferrero", contenente una figurina di Garibaldi che lo raffigurava nelle tante battaglie ed episodi della sua vita, fino alla centesima, che lo ritraeva ormai vecchio con la sua folta barba bianca. 

Dopo mesi e mesi, riuscii a completare la collezione. Consegnai le mie cento figurine al rappresentante della Ferrero per avere l'agognato pallone, ma quel pallone non me lo portò mai.

Un'altra delusione me la fece provare però anche lo stesso "Mastron", quando una volta, invece d'incaricare me per la sua commissione, si avvalse di un altro mio compagno, al quale peraltro diede non dieci lire, bensì addirittura venti!

Ma stava per arrivare il tempo in cui le lire me le sarei guadagnato io. Ciò avvenne intorno ai dieci anni, quando cominciai ad andare a fare la raccolta del tabacco. Quell'estate (1961 o forse 1962) andai con fratello e sorelle da Vincenzo Amabile: per ogni inserta di tabacco egli ci dava dieci lire.

Tra i filari delle piante però feci un'esperienza strana, perché c'era una ragazza con diversi anni in più di me (mi ricordo ancora chi era, ma per privacy non rivelo il suo nome) che mi torturava, dandomi anche dei pizzicotti, per costringermi a farle sentire della parolacce.

Frattanto a Natale si cominciava ad avere qualche mancia più consistente, arrivando alle 100 lire. La prima volta che me le ritrovai in mano fu una sensazione forte. Mentre tenevo in tasca la moneta, pensai quanto sarebbe stato bello trovarla per strada. Anzi volli fare la prova. Così la misi in un posto per terra (all'epoca c'era poco asfalto in giro, tante strade erano sterrate, e tanti spazi erano liberi), facendo finta di allontanarmi per poi ritornare e provare l'emozione di trovare per terra le 100 lire. Accadde però che mi distraessi sul serio, ritornando a casa senza la moneta. Quando me ne accorsi, non vi dico con quanta ansia mi precipitai ad andare a recuperarla: per fortuna erano ancora là le 100 lire e fu come se le avessi trovato per davvero!

Uno scherzo simile lo facevo anche con la mia gatta. Quando quella rara volta si mangiava della carne, mi piaceva provare l'ebbrezza di mettere a rischio l'ultimo boccone, che normalmente era quello migliore. Infilavo il pezzo di carne nella forchetta e stuzzicavo la gatta, facendo finta di darglielo: lei allungava la zampa ed io ritraevo il braccio, lei allungava la zampa ed io ritraevo il braccio, finché, qualche volta, era lei più lesta di me e mi faceva fesso, rimanendomi in gola quell'ultimo boccone prelibato.

Ma fu nell'estate del 1967 (avevo 16 anni da compiere ancora) che guadagnai di più, facendo il manovale con mio cognato: forse addirittura 800 lire al giorno!

 

C'era mio padre però che non guadagnava le lire bensì i marchi. Ma essi diventavano lo stesso lire e quanti marchi ne prendesse in Germania, convertiti in moneta italiana, arrivavano tali e quali in Italia. Anzi, mio padre ne aggiungeva ancora un po' andando a lavorare anche al sabato in nero da un macellaio che, per aggiunta, gli regalava anche della carne, sufficiente per l'intera settimana (perlomeno mio padre la faceva bastare). E quei soldi che giungevano dalla Germania andavano a finire quasi interamente in banca.

Mia madre, accompagnata da Martinelli a Palazzo San Gervasio, contrattava il tasso d'interesse, rivendicando anche gli interessi sugli interessi che rimanevano sul libretto, perché il direttore tendeva a fare il furbo. 

Così, con i sacrifici di mio padre, non disgiunti dalla nostra parsimonia, si potette far fronte all'acquisto del corredo alle mie sorelle, preparare per ciascuna la dote di ben 300.000 lire, nonché i soldi per acquistare la macchina per cucire "Necchi". E le mie sorelle nel mese di dicembre del 1963 la prima, del 1966 la seconda, si potettero sposare, facendo anche un buon matrimonio con quella dote sostanziosa, perché all'epoca non era mica sufficiente solo la bellezza!

A dire il vero un po' di aiuto venne anche me, ma non per studiare (l'università a Bologna l'ho fatta mantenendomi col presalario di 500.000 lire all'anno, che lo facevo bastare per tutto), bensì per sposarmi: nel 1978 mi diede 5.000.000 di lire per acquistare il mobilio in concorso col consuocero.

Quando invece ho fatto le scuole medie e la ragioneria a Palazzo San Gervasio qualcosa sono costato, ma solo per l'acquisto dei libri, per il trasporto e per le tasse scolastiche, non per altro. 

Infatti, io non mi portavo dietro mai alcun soldo da spendere, beccandomi per ciò severi rimproveri da mio padre, quando ritornava a Natale e veniva a sapere ciò: "tu devi avere in tasca qualche cento lire - mi diceva -: che figura ci fai se devi offrire un caffè ad un professore?" Ma io non avevo motivo di offrirlo a nessuno e non sentivo bisogno di prenderlo neppure per me.

 

Poi, il 1° gennaio 2002 arrivò l'Euro: era preferibile la lira? Qualcuno imputa alla nuova moneta europea la difficile situazione in cui viene a trovarsi l'economia, la finanza e la gente. Roberto Maroni qualche anno fa aveva minacciato addirittura di fare ricorso al referendum per ripristinare la vecchia moneta italiana.

Io personalmente preferisco l'Euro alla lira. 

L'altro giorno sul trenino della vigezzina una signora anziana ha fatto il biglietto (senza pagamento né di supplemento, né di sanzioni). Ha aperto il borsellino facendo prendere al personale del treno le monetine per comporre il prezzo. Egli ha infilato le dita nel borsellino, ha rovistato fra le microscopiche monetine, ne ha estratto quanto bastassero per raggiungere l'Euro ed i cent necessari. Intanto la signora mi sorrideva ed io le ho corrisposto il sorriso. 

Quella signora mi ha fatto venire in mente le monetine di una volta, andare con la memoria alla lira, quando circolava ad unità ancora, e con esse si giocava a Natale con l'oca, oppure per strada a farle battere contro le pareti delle case, e tanti altri ricordi ancora, alcuni dei quali rievocati in questa pagina.

La lira, inoltre, mi ha fatto venire l'idea di comporre una nuova sezione in questo sito, nella quale raccogliere le mie pagine, passate e future, in cui il racconto delle cose avviene con lo stesso sguardo in cui Pepe e Tonino guardano la moneta di una lira posta nel titolo di questa pagina, ovverosia con "lironia".

 

04 ottobre 2008

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